Svicolando in città

Vogliamo realizzare a Civitanova Alta dei percorsi, segnalati con pannelli che permetteranno di scaricare sul proprio smartphone informazioni in formato grafico, audio e video.

Perché ci sembra che stiamo perdendo il gusto e forse anche la capacità di camminare, guardarci intorno, discorrere. Prendere tempo, perdere tempo. Fare un po’ di moto, perfino, addirittura, ginnastica…

Pretendiamo di trovare parcheggio sotto casa; magari in sosta vietata, ma sotto casa; perfino ostacolando il passaggio dei pedoni, delle ambulanze, ma sotto casa; davanti all’ingresso di una chiesa o di un palazzo, ma sotto casa.

E a volte nemmeno ci accorgiamo che ci sono edifici transennati da anni; spazi pubblici ristrutturati ma poi inutilizzati; oppure ci dimentichiamo che ci sono luoghi di una bellezza mozzafiato, scorci sul mare o sulle montagne, palazzi antichi, stemmi e affreschi.

Percorsi tematici: uno per riscoprire luoghi di storia e di cultura, uno per evidenziare i punti critici, uno per guardare lontano, uno per fare più moto, uno per i bambini, uno per gli studenti, uno più adatto agli anziani, uno per gli innamorati, uno senza barriere architettoniche, e molti altri…

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Un gioioso riappropriarsi dei luoghi della città e del proprio benessere, un connubio di cultura, tecnologia e ricchezza artistica. La scoperta della città non sarà più solo visita ai siti e ai monumenti, ma una vera esperienza emozionale. L’interazione tra fruitore e città, grazie ai nuovi strumenti digitali, sarà semplice, immediata ed efficace, e l’attenzione del visitatore potrà rivolgersi anche al corpo vivo dei luoghi.

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Codici QR come questo saranno esposti su cartelli, non invasivi, in giro per la città.

Utilizzando un’app per lo smartphone (ce ne sono molte, scaricabili gratuitamente e facili da usare) sarà possibile accedere alle informazioni che avremo caricato su questo sito (o che troveremo su altri siti).

Così gli eploratori/visitatori/camminatori potranno trovare approfondimenti (testuali, audio e video), fare esercizi fisici come in un tradizionale percorso vita, avere informazioni su un progetto o un problema relativo a un determinato palazzo o luogo della città.

Lettera aperta di Renzo Piano

“Abbiamo il dovere di rendere meno fragile la bellezza dell’Italia ingentilita e antropizzata dai nostri antenati”

Come disse Sandro Pertini, dopo il terremoto in Irpinia: il miglior modo di ricordare i morti è quello di pensare ai vivi. Aveva ragione, quindi difendiamoci. Non possiamo tollerare che crollino interi paesi e centinaia di persone restino sepolte sotto le macerie. Il terremoto è un mostro, ma possediamo le tecniche e le conoscenze per proteggerci. Deve entrare in modo permanente nelle nostre coscienze ancora prima che nelle leggi, parlo del dovere di rendere antisismici gli edifici in cui viviamo, così come è obbligatorio per un’automobile avere i freni che funzionano. Nessuno si metterebbe in viaggio con una macchina che non frena, invece tantissime famiglie vivono incoscientemente in zone sismiche (lungo tutta la dorsale degli Appennini, la spina dorsale dell’Italia da Nord a Sud) in case insicure. C’è qualcosa che non torna.

Cosa fare? Rendiamo sicuro un patrimonio insicuro che sono le nostre case. Non mi riferisco alla ricostruzione di Amatrice e di Accumuli che si farà e va fatta presto. Credo si debba guardare lontano. Penso a un progetto di lungo respiro, a un piano generazionale che duri cinquant’anni. Bisogna intervenire con sgravi e incentivi nei passaggi generazionali, quando passa in eredità la casa dei nonni e la nuova generazione è più interessata a ristrutturarla. E in quel momento bisogna pensare alla sicurezza dell’edificio.

Per far partire questo grande cantiere si comincia applicando la scienza della diagnosi, che è precisa, oggettiva, per l’appunto scientifica. Come un bravo medico fa la diagnosi prima di prescrivere una cura o consigliare un’operazione, la diagnosi consente anche nelle case d’intervenire solo dove è necessario. Più la diagnosi è puntuale e meno l’intervento è invasivo e costoso, oggi abbiamo tutti gli strumenti per farlo. Ci sono apparecchiature sofisticatissime e strumentazioni d’avanguardia che produciamo in Italia, e d’altronde esportiamo negli altri continenti. Non siamo un Paese del terzo mondo, anche se spesso facciamo di tutto per sembrarlo. Con un approccio diagnostico si esce dal campo delle opinioni e si entra in quello delle certezze scientifiche. Ci vuole un cambiamento culturale che abbandoni l’oscurantismo dell’opinione, del “secondo me si fa così”, per abbracciare il mondo contemporaneo. Con la termografia possiamo determinare lo stato di salute di un muro senza neppure bucarlo, proprio come un corpo vivente.

L’arte del conoscere e del sapere consente la massima efficacia senza accanirsi sugli abitanti, senza doverli allontanare durante il cantiere. Non si deve sradicare la gente da dove ha vissuto, è un atto crudele. C’è un legame indissolubile tra le pietre e le persone che le abitano. La casa è una protezione fisica e mentale, è il luogo del silenzio, tutti, proprio tutti, passiamo la vita a tornare a casa.

Per questo parlo di cantieri leggeri che permettano i lavori senza dover mandare via le famiglie. Certo i tempi del cantiere leggero sono più lunghi, questa è un’operazione sottile che implica pazienza, determinazione e continuità.

Non solo la popolazione deve restare negli edifici ma bisogna farla partecipare attivamente alle operazioni. Penso alla figura dell’architetto condotto, una sorta di medico che si preoccupa di curare non le persone malate ma gli edifici malandati e a rischio di crollo in caso di sisma. Essere architetto condotto insegna una cosa importantissima: l’arte di ascoltare e di trovare la soluzione. Per questo occorrono diagnostica e microchirugia e non la ruspa o il piccone. L’idea è quella di ricucire senza demolire, la leggerezza come dimensione tecnica e nel contempo umana.

Trent’anni fa a Otranto con Gianfranco Dioguardi abbiamo già lavorato a qualcosa di molto simile: il Laboratorio di quartiere, un progetto patrocinato dall’Unesco per rammendare il centro storico. Oggi la tecnica permette diagnosi molto più precise, ma la filosofia resta sempre la stessa: la casa è dove si trova il cuore, scriveva già duemila anni fa Plinio il Vecchio.

Dovete credermi. Quello che voglio fare per rendere più sicure le case degli italiani non è teoria, mi hanno nominato senatore a vita perché sono un architetto, un costruttore di città. Sono pratico. Con il mio gruppo di lavoro al Senato, G124 che già si occupa delle periferie, proponiamo di fare dieci prototipi che coprano tutte le tipologie costruttive, vecchie e recenti, dieci abitazioni che abbiano la funzione di modello per i futuri interventi. Case in pietra, in laterizio e in calcestruzzo, costruite prima o dopo la guerra. Si può fare, credetemi, e bisogna farlo.

Il nostro è un Paese bellissimo ma fragile. La nostra bellezza è un valore profondo al quale troppi di noi si sono assuefatti e non la colgono più. In Italia la bellezza è così straordinariamente diffusa che è diventata assuefazione, la gente la vive con distrazione, senza accorgersene.

Ma il mondo ci guarda come eredi scriteriati e ha ragione perché la fenomenale bellezza dell’Italia storica non appartiene solo a noi, è un patrimonio dell’umanità. Siamo eredi indegni perché non lo proteggiamo a dovere. Serve una svolta culturale, abbiamo il dovere di rendere meno fragile la bellezza dell’Italia ingentilita e antropizzata dai nostri antenati. Un bene comune la cui responsabilità è collettiva.